L’industria dei rifiuti ha decisamente cambiato pelle. Se un tempo le sue aziende si occupavano solamente di nettezza urbana per i Comuni, oggi il comparto si è trasformato in un protagonista hi-tech dell’economia circolare, capace di offrire un contributo importante alla transizione ecologica. Si sviluppano nuove attività, nuovi prodotti, nuove tecnologie, mentre le aziende nel 2023 si sono ingrandite (11,8 miliardi di euro di valore nel 2023, +3,8%), hanno imparato a trattare i rifiuti come materia prima per nuovi (e a volte sorprendenti) cicli di riutilizzo. Hanno quindi aumentato gli investimenti (1,1 miliardi, +8,6%), specie negli impianti. e stringono alleanze nella ricerca e sviluppo, favorendo sempre di più la transizione ecologica ed energetica.
Lo rileva il Was Annual Report 2024, l’appuntamento di Althesys che fa il punto sullo stato dell’arte della gestione rifiuti in Italia, giunto all’undicesima edizione. Nell’arco di poco più di un decennio, il settore ha vissuto cambiamenti impensabili fino a pochi anni fa, specie nella gestione di nuovi materiali e soluzioni di riciclo, ma anche grazie alla convergenza fra il comparto dei rifiuti urbani e l’economia dei rifiuti speciali. “Il rapporto – rileva Alessandro Marangoni, a capo del think tank di ricerca - delinea un settore del waste management in crescita i cui mutamenti in atto stanno ridefinendo le strategie delle aziende, attirando l’interesse di sempre più numerosi player da altri settori e facendo sorgere nuove alleanze per condividere risorse e know-how. Dalla prima edizione del report, che analizzava i dati per il triennio 2011-2013, fino all’edizione di oggi, sono emersi diversi elementi di mutamento, ma permangono anche criticità non ancora risolte, come quelle relative alla situazione impiantistica”.
Nel 2023 il valore della produzione dei principali 120 operatori, pubblici
e privati, attivi nella raccolta,
trattamento o smaltimento dei rifiuti urbani raggiunge gli 11,8 miliardi
di euro, in aumento del 3,8% rispetto all’anno precedente. Le aziende della
raccolta hanno gestito
22 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, in linea con l’anno precedente (+0,1%). Nel settore
operano numerose piccole-medie aziende e pochi grandi gruppi. Il loro processo di consolidamento è
proseguito anche nel 2023, con il valore medio della produzione salito a 98 milioni di euro dai 94,4 del 2022. Il
92% del valore della produzione, pari a 10,9 miliardi di euro, si deve ai 110 operatori della raccolta e trattamento
che hanno servito più di 46 milioni di abitanti, equivalenti al 78% circa della popolazione.
L’efficienza degli operatori pare
piuttosto differente tra i sei cluster. In termini di RU gestiti/N. addetti,
infatti, si va dalle 296 ton/addetti
degli Operatori metropolitani alle 1.218 ton/addetti degli Operatori privati.
In termini di VP/N.
addetti, invece, si passa dai 169.060 €/addetti
degli Operatori metropolitani ai 514.014 €/addetti delle Grandi multiutility. Se le Piccole
e medie utility
sono abbastanza allineate
e le Grandi beneficiano di economie di scala, gli Operatori metropolitani
mostrano ampi margini di miglioramento. Gli Operatori privati hanno poi un alto valore di RU/addetti, mentre il
valore della produzione pro capite vede largamente in testa le Grandi multiutility con gli Operatori metropolitani che anche in questo caso, sono in coda.
Gli investimenti dei maggiori 120
operatori nel 2023 raggiungono gli 1,1 miliardi di euro, in aumento dell’8,6% rispetto all’anno
precedente. La componente principale, che incide per il 55%, è data dalle
risorse destinate agli impianti, pur
in calo rispetto al 57% segnato nel 2022. Gli operatori metropolitani segnano
il maggior aumento degli investimenti
rispetto all’anno precedente (+75,2%). Seguono gli operatori privati (+45,5%) e le piccole-medie multiutility
(+38,5%), mentre le grandi multiutility sono le sole a vedere un calo (- 7%) pur garantendo la metà degli
investimenti totali, il 52,6%. L’area più interessata è quella del Nord, ma gli investimenti sono quasi raddoppiati sia
al Centro che al Sud.
Nell’ultimo decennio il settore ha subito un profondo cambiamento
trasformando le aziende coinvolte da semplici gestori
della raccolta dei rifiuti a protagoniste della
transizione ecologica ed energetica. L’innovazione tecnologica ha portato a nuove
soluzioni per la raccolta, in termini di digitalizzazione, e per le fasi
di trattamento e recupero
(con tecnologie di riciclo), ottimizzando i processi
e facilitando il recupero delle frazioni di materiali più
complessi. Le opportunità che ne sono scaturite hanno attratto player da
settori diversi, che hanno acquisito operatori
del waste management e stretto accordi di collaborazione per condividere
risorse e know-how con le aziende tradizionali del comparto.
L’analisi
degli attori delle operazioni straordinarie, ad esempio, mostrava nel 2013 solo
aziende di waste management, mentre
nel 2023, pur rimanendo prevalenti, si trovano anche operatori tecnologici,
finanziari, aziende energetiche e utility di altri settori. Evolvono anche i “compliance scheme”, vale a dire i sistemi collettivi, che diventano
sempre più multi-filiera e multi-consortili con una diversificazione delle loro attività.
Tra i principali cambiamenti si nota la convergenza tra il settore dei
rifiuti urbani e quello dei rifiuti speciali. Le principali 59
aziende specializzate nella raccolta e trattamento dei rifiuti speciali
registrano un giro d’affari di 4,7
miliardi di euro (+12%). In generale, aumentano gli investimenti
(+24%), con l’industria interessata
da varie partnership e acquisizioni. Le iniziative che hanno interessato il
comparto sono state molteplici,
spaziando dalle diverse tipologie di plastiche, ai materiali compositi, dalla
produzione di energia e biometano da
scarti agroalimentari, sottoprodotti e reflui zootecnici alla produzione di
combustibile solido secondario (CSS).
I player mappati vedono una forte concentrazione nel Nord, dove opera ben il
52%, contro il 29% del Sud e Isole e il 19% del Centro Italia. L’industria dei rifiuti speciali è composta
per lo più da piccoli
e medi operatori
diversificati e piccole
imprese specializzate, che incidono
insieme per l’83% del totale.
Il PNRR sta
incidendo sul quadro infrastrutturale: il parco impianti per trattare e per
smaltire i rifiuti continua, infatti,
a vedere disparità territoriali, con alcune in situazioni di sovraccapacità e
altre ancora carenti. È il caso, ad
esempio, degli scenari al 2035 per la frazione organica, con un’abbondante
sovraccapacità in certe aree e
altre ancora inadeguate, soprattutto in alcune zone del Centro e del Sud
Italia. Sono 28 i progetti ammessi a
finanziamento nella Linea 1.1 B del PNRR. Nuove sfide si affacciano per i
prossimi anni tra cui, per esempio,
quella della gestione dei pannelli fotovoltaici a fine vita. Oggi esistono
almeno 15 impianti attivi in
Italia, ma ne serviranno molti di più. Il tessile è un altro settore in cui
l’EPR sta muovendo i primi passi. In attesa
del decreto che lo regolerà sono sorti
o sono in avvio diversi
textile hub, alcuni finanziati dal PNRR.
Il settore
rifiuti ha dunque acquisito un appeal industriale: non raccoglie più solo
rifiuti, ma li trasforma e li riutilizza
attraendo settori impensabili fino a pochi anni fa. L’Italia è sempre più
leader nell’industria del riciclo e
in futuro queste nuove realtà, frutto dell’unione di utility e imprese
industriali e tecnologiche, modelleranno una nuova economia circolare.