Presentati da Ispra insieme al Comune di Roma i dati sul consumo di suolo nella Capitale e le prospettive al 2030 in caso di piena attuazione del Piano regolatore vigente. Per l’occasione Ispra ha quantificato i costi della perdita di servizi ecosistemici.
In occasione del convegno “Gestione del suolo:nuovi strumenti per la pianificazione” sono stati presentati gli scenari previsti dalla modellistica per la capitale, qualora il consumo di suolo aumenti in base al piano regolatore vigente.
I modelli utilizzati per lo studio sono quelli del progetto Soil Administration Models 4 Community Profit (SAM4CP), finanziato dal programma europeo LIFE+, con capofila la Città metropolitana di Torino, Ispra e Roma Capitale. Ipotizzando una piena applicazione del Piano regolatore al 2030, è stata confrontata la cartografia del rapporto Ispra 2016 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” – riferita agli anni 2012 e 2015 e aggiornata al 2016 – con quella vettoriale del Piano Regolatore Generale di Roma.
Le informazioni sono state poi completate con la cartografia nazionale della copertura del suolo elaborata tramite un’integrazione dei dati satellitari ottenuti dal Programma europeo Copernicus 2012. Durante la stesura delle stime, non sono state considerate le previsioni sulle aree destinate a servizi, pubblici e privati, sulle infrastrutture tecnologiche, sugli interventi relativi alla città da ristrutturare.
Lo studio ha valutato gli effetti, della perdita di suolo per la città di Roma, sul clima: è previsto infatti un netto aumento della temperatura (0.09 gradi). L’eliminazione delle aree naturali a scapito di quelle urbane porterà all’emissione in atmosfera di circa 650 mila tonnellate di CO2, a causa del mancato stoccaggio di circa 175 mila tonnellate di carbonio.
I Comuni dovranno quindi dotarsi e presentare piani di contenimento delle emissioni.
Perdere suolo, significherà per la città di Roma, perdere servizi ecosistemici (mancata produzione di prodotti agricoli, aumento dell’erosione, regolazione delle acque, maggiori costi energetici): la valutazione economica di questa perdita dal 2012 al 2030 varia da un minimo di 107 a un massimo di 140 milioni di euro l’anno. Un dato spaventoso per una città che dovrebbe essere l’esempio da seguire per tutti i grandi comuni italiani.