EY, in collaborazione con SWG, ha condotto un'indagine su un campione di oltre 1200 residenti in città italiane capoluogo di provincia; è stata presentata il 23 novembre nel corso della XXXIX Assemblea annuale dell’Anci a Bergamo.
I cittadini hanno un grande desiderio di trasformazione in chiave digitale, inclusiva e sostenibile delle città in cui vivono e ritengono le amministrazioni locali il soggetto più importante per migliorare la città. È quanto emerge da un’indagine realizzata da EY, in collaborazione con SWG, su un campione di oltre 1200 residenti in città italiane capoluogo di provincia, presentata il 23 novembre nel corso della XXXIX Assemblea annuale dell’Anci a Bergamo.
“Nel contesto attuale le città italiane sono al centro di enormi sfide di cambiamento sociale, economico e ambientale e i cittadini richiedono alle amministrazioni locali uno sforzo per riprogettarle in base alle esigenze di sostenibilità ambientale, digitalizzazione e inclusività emerse durante la pandemia. Si tratta di un impegno verso tutta la comunità e le generazioni future, da realizzare insieme a istituzioni, enti locali, aziende e alle migliori energie del territorio, per mettere a terra – anche grazie alle risorse del PNRR – l’ultimo miglio della trasformazione delle città, cioè idee e progetti che consentano ai cittadini di vivere in uno spazio disegnato a misura di persona” – commenta Massimo Antonelli, CEO di EY in Italia e COO di EY Europe West.
Qualità della vita nelle città italiane: promosse per vivibilità e fruibilità
Dalla rilevazione emerge che i cittadini italiani promuovono i capoluoghi in termini di vivibilità, valutando in maniera positiva la diffusione dei servizi pubblici (voto medio 6,6 in una scala da 1 a 10), la bellezza degli spazi (6,6) e la qualità dell’offerta culturale (6,4). Tuttavia, la qualità dell’ambiente e dell’aria (5,8) e la presenza di spazi di aggregazione (5,8) non ricevono la sufficienza. Il dato medio è sostanzialmente positivo anche per quanto riguarda la fruibilità delle città, dove gli aspetti di maggiore criticità riguardano l’inclusione (5,9), la sostenibilità ambientale (5,6) e la capacità di mostrare segni di crescita (5,5). Dati medi che nascondono forti differenze su base territoriale: ottengono punteggi più elevati le città di media grandezza (100-250 mila abitanti) e i centri più “human smart” (in relazione ai parametri dell’EY Human Smart City Index).
Per quanto attiene ai cambiamenti riscontrati dai cittadini negli ultimi 5 anni, le città sono percepite in forte miglioramento dal punto di vista delle infrastrutture digitali (+24) e della bellezza degli spazi (+10), ma in arretramento per quanto riguarda la qualità dell’aria e dell’ambiente (-15) e le relazioni sociali (-11).
In questo contesto un ruolo chiave è attribuito alle amministrazioni locali: la metà degli intervistati ne valuta positivamente la capacità di prendersi cura della città e dei suoi spazi e per il 51% del campione le amministrazioni comunali e in seconda battuta i singoli cittadini (23%) sono i soggetti chiave per migliorare le città, rendendole più smart e vivibili.
Presenza e accessibilità dei servizi: la “città dei 15 minuti” esiste già, ma mancano i servizi smart
La “città dei 15 minuti” prevede di riorganizzare gli spazi urbani in modo che il cittadino possa trovare - entro 15 minuti a piedi da casa - tutto quello che gli serve per vivere: lavoro (anche in co-working), negozi, strutture sanitarie, scuole, impianti sportivi, spazi culturali, bar e ristoranti, luoghi di aggregazione. In questo modo, le persone non devono prendere l'auto o i mezzi pubblici, riducendo traffico e inquinamento, riappropriandosi del tempo perso negli spostamenti e riscoprendo la socialità nel proprio quartiere. Dall’analisi realizzata da EY, in collaborazione con SWG, emerge che la “città dei 15 minuti” per molti aspetti è già una caratteristica propria dei capoluoghi italiani, dove la maggior parte dei principali servizi disponibili sono facilmente e velocemente raggiungibili dai cittadini.
Diverso il discorso per quanto riguarda l’effettiva presenza dei servizi che più caratterizzano le smart city. Tra i servizi più appetibili e desiderati, ma ancora non presenti nei capoluoghi italiani: sistemi pubblici per garantire energia sostenibile e rinnovabile (il 62% degli intervistati afferma che nella propria città non è presente ma sarebbe importante averlo), sistemi di illuminazione smart per il risparmio energetico (61%), pannelli informativi su traffico, condizioni meteo e attività culturali ed eventi dislocati nelle strade/piazze (50%). I cittadini, inoltre, desiderano sempre più servizi comunali accessibili online (8,2 in una scala da 1 a 10), nettamente preferiti a quelli di sportello anche laddove l’ufficio di riferimento fosse posto entro 15 minuti dalla propria abitazione (7,3).
Inclusione sociale: la richiesta alle amministrazioni in questo senso è forte
La pandemia ha lasciato nelle persone e nelle comunità una condizione di vulnerabilità che ha riguardato soprattutto le relazioni e il modo di vivere il rapporto quotidiano con gli altri. Per quanto proprio attorno ai temi della partecipazione e della socialità ci sia la percezione di un decadimento delle relazioni nelle città, gli stessi intervistati dichiarano una partecipazione piuttosto ridotta alle attività organizzate: negli ultimi 6 mesi solo il 31% degli intervistati ha svolto attività nel tempo libero con gruppi organizzati, solo il 28% ha svolto attività di volontariato o beneficienza e il 27% ha svolto attività sportiva organizzata.
Allo stesso tempo la richiesta alle amministrazioni in questo senso è forte e vi è ampio consenso tra gli intervistati verso iniziative di inclusione a tutti i livelli: l’88% ritiene importanti i servizi per sostenere famiglie e persone in difficoltà, l’86% ritiene importante l’inclusione degli strati più deboli (es. giovani e donne) all'interno del mercato del lavoro e la promozione dell'imprenditoria giovanile, l’84% ritiene importante la possibilità di partecipare ai processi decisionali e alle scelte che riguardano il futuro della città.
Digitalizzazione e smart working: 1 su 4 si trasferirebbe in una città diversa
Dopo l’adozione massiva dello smartworking durante il periodo pandemico, il ritorno in ufficio ha interessato il 60% dei lavoratori, ma il 40% degli intervistati dichiara di avere mantenuto, almeno parzialmente, la possibilità di svolgere una parte del lavoro da casa. In generale, il desiderio di una soluzione ibrida continua ad essere diffuso (65%) e solo poco più di un lavoratore su tre vorrebbe lavorare esclusivamente nella propria sede di lavoro. La possibilità di lavorare stabilmente a distanza porta quasi un quarto degli intervistati a valutare anche la possibilità di trasferirsi dalla propria attuale abitazione per andare a vivere (e a lavorare) in un contesto con una migliore qualità della vita.
Sostenibilità ambientale: interiorizzata a livello individuale, ma il lavoro da fare – a livello collettivo – è ancora molto
Nella valutazione dell’attenzione verso la sostenibilità ambientale, l’opinione diffusa è che l’altro sia meno attento di sé stesso, segnale che il valore della sostenibilità è stato ormai interiorizzato a livello individuale, ma si ha la percezione che a livello collettivo il lavoro da fare sia ancora molto.
“La percezione dei cittadini sui temi di digitalizzazione, inclusione sociale e sostenibilità che emerge dall’analisi realizzata insieme a SWG rende evidente che è necessario che le amministrazioni locali mettano a terra le opportunità legate al PNRR. I dati mostrano infatti una chiara correlazione tra i comuni che hanno investito in digitale e il ritorno, a livello di soddisfazione dei cittadini, per gli amministratori che hanno messo in campo trasformazioni concrete, visibili e in grado di includere e dare servizi” – conclude Antonelli.