Nel mese di luglio il MASE ha trasmesso alla Conferenza Unificata il decreto sulle aree idonee ad ospitare impianti di energia rinnovabile per l’esame da parte delle Regioni e delle Province autonome.
Nella bozza, secondo le prime indiscrezioni sul testo, sono prefissati gli obiettivi minimi, intermedi e finali che le Regioni dovranno assicurare per consentire di centrare gli 80 GW aggiuntivi di energia rinnovabile indicati dall’UE, ossia necessari per raggiungere i target di Pniec, Fit for 55 e Repower Eu. Le 19 Regioni e le due Province autonome di Trento e Bolzano dovranno infatti spartirsi gli 80 GW di nuova capacità rinnovabile attesa per la fine del decennio (2030).
Il decreto in esame è volto proprio a favorire un nuovo processo di semplificazione dei passaggi amministrativi per rispondere in maniera più celere e risolutiva alle tante domane di autorizzazione accumulate nel 2021 rimandando alle Regioni il compito di individuare sul loro territorio le superfici e le aree idonee all’installazione degli impianti di energia da fonti rinnovabili con lo scopo di massimizzarne il potenziale; la procedura dovrà essere completata entro 180 giorni dalla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Si evidenzia, inoltre, che i provvedimenti da adottarsi da parte delle Regioni (ai sensi del decreto) avranno prevalenza su ogni altro regolamento, programma, piano o normativa approvato prima di esse a livello regionale, provinciale o comunale.
La bozza del decreto è sostanzialmente divisa in 2 parti:
TITOLO I – Ripartizione della potenza fra Regioni e Province autonome
TITOLO II – Criteri per l’individuazione delle aree idonee
Alcune criticità rilevate: i vincoli che allarmano gli operatori
Non si placano le critiche delle associazioni delle rinnovabili alla bozza del decreto “aree idonee”, in particolare sui vincoli al fotovoltaico nei terreni agricoli.
Il timore principale dell'Alleanza per il fotovoltaico, che riunisce diversi operatori energetici, è che il provvedimento continui ad alimentare una contrapposizione tra rinnovabili e paesaggio.
Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, a metà settembre aveva parlato di possibili correzioni al provvedimento, ma ciò non è bastato a rassicurare le aziende e gli investitori.
Il decreto, già molto contestato da Italia Solare, Gis e Anev, è ancora in concertazione con il ministero dell’Agricoltura e non è stato ancora trasmesso alla Conferenza Unificata delle Regioni.
L’Alleanza per il fotovoltaico, si legge in una nota, “ravvisa ancora alcune criticità che possono ostacolare il percorso autorizzativo e realizzativo degli impianti Fer, vanificando la definizione delle aree idonee”.
Il decreto, infatti, “con le disposizioni sull’utilizzo del suolo agricolo, rischia di generare una forte barriera allo sviluppo dell’energia fotovoltaica e della sperimentazione in ambito di agrivoltaico, le cui basi sono state gettate dalle Linee Guida”.
Il provvedimento del governo dovrebbe invece “mirare alla definizione di aree idonee per lo sviluppo delle rinnovabili e non all’individuazione di vincoli di utilizzazione delle stesse”.
Questo scenario preoccupa, prosegue la nota, “anche alla luce di quanto sta avvenendo in alcune zone d’Italia, come di recente accaduto, dove sono stati avviati procedimenti per l’apposizione di vincoli paesaggistici senza tenere in considerazione il gran lavoro sinergico compiuto per raggiungere il corretto inserimento dei progetti nel contesto locale”.
Il rischio, affermano gli operatori, “è che si ragioni per una contrapposizione tra rinnovabili e paesaggio, che molti soggetti vogliono affermare e far sedimentare. In realtà è un rischio che non sussiste. Le rinnovabili sono lo strumento per la tutela dell’ambiente perché solo con la riduzione delle emissioni e il conseguente contenimento dei cambiamenti climatici possiamo sperare di contenere la desertificazione e gli eventi atmosferici estremi che provocano danni irreparabili”.