San Colombano Costruzioni ottiene la prima certificazione in Europa per l’economia circolare rilasciata da Bureau Veritas. L’azienda raggiunge questo risultato grazie a tre progetti-monstre relativi al riuso di materiali e detriti di cava, all’abbattimento delle emissioni nei propri cantieri edili e alla compensazione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera attraverso la piantumazione di una foresta in Amazzonia.
È un’impresa italiana di costruzioni, la San Colombano Costruzioni, la prima azienda a ottenere in Europa una certificazione per l’economia circolare. Ed è significativo che ció avvenga (e si concretizzi nel riconoscimento ufficiale) in un periodo complesso e carico di criticità, ma nel caso, anche di aspettative per il futuro aziendale, nonché per la tenuta dei mercati come è quello dell’emergenza Covid 19. Grazie alla collaborazione con ambiente spa, partner tecnico dell’azienda per l’economia circolare, e al rapporto con la Onlus internazionale Save the Planet, San Colombano ha ottenuto (IERI) da Bureau Veritas, multinazionale leader nel settore delle certificazioni, il primo certificato AFNOR XP X 30-901 da loro rilasciato in Europa. E lo standard AFNOR è ad oggi l’unica norma internazionale certificabile per la gestione dei progetti di economia circolare.
In un momento di emergenza senza precedenti per l’economia italiana, San Colombano Costruzioni consolida la rotta di innovazione green per la ripresa del Paese, già tracciata con la realizzazione del terminal container di Savona-Vado. Questa operazione, descritta in un Report di Circolarità sviluppato da ambiente spa in linea con la norma BS8001 e asseverato da Bureau Veritas, ha garantito all’azienda importanti riconoscimenti relativi agli appalti verdi.
Questo progetto denominato Scarto 0 è per molti aspetti il fiore all’occhiello del Gruppo italiano nel campo dell’economia circolare di prodotto: San Colombano Costruzioni è riuscita in meno di un anno a spostare, attraverso un processo anche di logistica intermodale del trasporto (camion più nave) 800.000 tonnellate di detriti delle cave di marmo da Carrara a Savona-Vado dove questo materiale è stato utilizzato per effettuare il riempimento a mare indispensabile per realizzare uno dei più grandi terminal container del Mediterraneo. E il processo messo a punto per questa operazione potrebbe fornire la base per altre gare pubbliche per la realizzazione di infrastrutture alle quali la San Colombano sta partecipando.
Gli altri due progetti che fanno dell’azienda toscana il pioniere a livello europeo dell’economia circolare riguardano l’abbattimento delle emissioni di gas nocivi per l’ambiente e sono stati portati a termine in stretta collaborazione con Save the Planet. Il primo relativo al “cantiere green” si è concretizzato nei cantieri del gruppo in una riduzione “indiretta” delle emissioni di CO2 attraverso l’adesione ai certificato G0 e l’impegno a utilizzare energia prodotta in modo prevalente attraverso fonti rinnovabili e -secondo il protocollo messo a punto da Save the Planet – abbattere del 43% e quindi ben oltre gli obiettivi di Kyoto, le emissioni causata da ogni singolo cantiere per costruzioni edili.
Il secondo progetto anti-emissioni fa perno anche in questo caso su un intervento indiretto e su un meccanismo di compensazione. San Colombano Costruzioni ha aderito a un progetto di Save the Planet denominato “Amazzonia respiro del mondo” che prevede (a fronte di un contributo finanziario delle aziende aderenti) la piantumazione di nuovi alberi in Amazzonia in grado di produrre più ossigeno e di generare nel bilancio ambientale della San Colombano un credito di carbonio, ovvero un bilancio positivo fra le emissioni e l’intervento attraverso le piante per abbatterne gli effetti. Nel progetto (che dovrebbe consentire all’azienda italiana, sia nella parte cave che costruzioni, di raggiungere nel 2020) con oltre 10 anni di anticipo un credito di carbon footprint tale da rende possibile un’attestazione di carbon neutrality) si realizza “un moltiplicatore sociale” del credito di carbonio anche attraverso il finanziamento di una scuola agricola in Amazzonia finalizzata a aumentare anche presso le popolazioni locali una consapevolezza nuova circa gli effetti della deforestazione e quindi quelli relativi alle azioni di difesa del polmone verde.