L’Economia Circolare
è uno dei due pilastri
fondamentali della transizione ecologica. Senza Economia Circolare, ossia senza soluzioni
strutturali che ci consentano di soddisfare la doman-
da di beni e servizi (costantemente in crescita a livello globale)
con una riduzione
del fabbisogno di materie
prime (soprattutto quelle
critiche, già arrivate a far
percepire globalmente i possibili impatti della loro scarsità), non saremo in grado
di mantenere la sostenibilità – non solo ambientale
– del nostro sistema economico.
Eppure, rispetto all’altro pilastro
altrettanto fondamentale della transizione, ossia la decarbonizzazione,
l’Economia Circolare stenta ad ottenere l’attenzione che merita, ancora spesso
percepita come un nice to have, spinta dall’evoluzione normativa
(dall’eco-design alla responsabilità
estesa dei produttori, per citare due esempi) e forse un po’ subita dalle
imprese.
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È necessario invertire subito questa tendenza
e riprendere un percorso virtuoso di adozione, non solo perché sono in palio
oltre 100 miliardi di € di possibile valore per la nostra economia, ma anche
perché dall’Economia Circolare inevi- tabilmente passa il nostro futuro.
L'EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO SULL'ECONOMIA CIRCOLARE
IL CONFRONTO EUROPEO: IL RUOLO DELL’ITALIA NELL’ECONOMIA CIRCOLARE E NELLA VALORIZZAZIONE DELL’END-OF-LIFE
Non è un caso che l’Italia, tra i grandi Paesi europei, sia al penultimo posto per gli investimenti privati in Economia Circolare e che il nostro posizionamento complessivo nell’European Circular Economy Monitoring Framework sia sostenuto soprattutto dalla nostra capacità di gestire il riciclo dei rifiuti.
LA DIFFUSIONE DELL’ECONOMIA CIRCOLARE IN ITALIA
La survey sull’adozione dell’Economia Circolare in Italia mostra un quadro con diversi chiaroscuri. Il grado di adozione di al- meno una pratica connessa alla circolarità, infatti, raggiunge quasi il 60% per le grandi imprese, però scende al 29% per le piccole. Inoltre, soprattutto per questa tipologia di imprese, il numero complessivo di “scettici”, ossia di chi non intende adottare l’Economia Circolare, è salito dal 38% del 2022 al 47% del 2023. La transizione verso l’Economia Circolare, per la quasi totalità delle imprese è ancora ai primi passi, con il 70% delle imprese che dichiara di essere ancora ai livelli iniziali, con un rating medio di 2,06 in una scala da 1 a 5. I risultati ottenuti sottolineano come l’impegno delle aziende sia attualmente orientato verso la valorizzazione del fine vita dei prodotti tramite l’ottenimento di materie prime seconde da prodotti o materiali di scarto, a scapito delle pratiche incentrate su design ed estensione dell’utilizzo.
L’IMPATTO DELL’ECONOMIA CIRCOLARE SULLE AZIENDE ITALIANE
Il livello di investimenti per l’Economia Circolare è ancora
troppo basso. ll 41% delle imprese del sondaggio dichiara di aver ottenuto un
tempo di rientro dagli investimenti in Economia Circolare inferiore all’anno,
ma per più della metà dei casi ha effettuato investimenti inferiori ai 50.000
€. La riduzione dell’impatto ambientale e dei rifiuti generati dalle imprese
vengono percepiti come i principali benefici connessi all’Economia Circolare,
seguiti dalla valorizzazione del brand aziendale.
L’INNOVAZIONE NELL’AMBITO DELL’ECONOMIA CIRCOLARE
È interessante però sottolineare che la spinta innovativa per il nostro Paese mostri segnali incoraggianti. L’Italia è seconda per numero totale di brevetti in Europa relativi all’Economia Circolare. Inoltre, sono oltre 210 le start-up circolari in Italia che hanno raccolto nei diversi round di finanziamenti un totale di 122,7 milioni di €, circa 1/3 del corrispettivo equivalente raccolto da realtà climate-tech italiane.
IL POTENZIALE DELL’ECONOMIA CIRCOLARE IN ITALIA: A CHE PUNTO SIAMO
E CHE OBIETTIVO POSSIAMO DARCI?
Nel corso dell’ultimo anno, si è registrata, nonostante tutto, una crescita dei risparmi ottenuti grazie all’adozione delle pratiche di Economia Circolare di quasi 1,2 Mld €. Ciò ha portato al raggiungimento del 15% del potenziale di risparmio di 103 Mld € ottenibile al 2030. Rimane tuttavia un gap di quasi 88 Mld € rispetto al potenziale; per colmare questo divario, sarà necessario conseguire un risparmio annuo di 11 Mld € da qui al 2030, quindi circa 10 volte tanto quanto registrato nello scorso anno.