Roma, 19 giugno 2019, sono stati presentati del “1° Rapporto socio-economico e ambientale 2019” promosso dall’Associazione Energia da Biomasse Solide (EBS). Le relazioni presentate presso la Sala ISMA del Senato, frutto della ricerca intrapresa dall’Università di Venezia e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), hanno analizzato le ricadute derivanti dall’utilizzo delle biomasse solide per la produzione di energia elettrica.
“Dal resoconto spicca un messaggio molto chiaro: l’uso delle biomasse e degli impianti che le impiegano per la produzione di energia rappresenta un’importante risorsa, non solo a livello ambientale ma anche sociale ed economico” afferma il Presidente dell’Associazione EBS, Simone Tonon, che aggiunge poi come “il recupero degli scarti boschivi per produrre energia elettrica rinnovabile ha un doppio valore; da un lato assicura una costante manutenzione del patrimonio boschivo - la cui superficie è in costante aumento dagli anni settanta - evitando incendi dagli effetti devastanti, degrado del paesaggio e aggravio del rischio idrogeologico, dall’altro lato sostiene una filiera importante nel nostro Paese che permette di valorizzare risorse naturali come le foreste e i residui delle attività agricole.”
Dallo studio dell’Università di Venezia emerge l’importante impatto socio-economico del settore della generazione di energia elettrica da biomasse solide, esaminando il ruolo in termini di ricadute occupazionali, reddituali e fiscali. Analizzando, infatti, l’attività annuale di alcuni degli impianti che fanno parte dell’Associazione – 9 impianti integrati con le filiere agricole, forestali e agro-alimentari -, il valore aggregato della produzione di energia e del suo indotto è stimato tra i 210 e i 280 milioni di euro e genera circa 1.300 posti full-time (rapporto 1:5 occupati diretti Vs indotto), con un reddito totale da lavoro pari a 22 milioni di euro. Oltre alle ricadute occupazionali e reddituali, la produzione di energia da biomassa comporta ulteriori stimoli per l’economia locale, grazie alla filiera di approvvigionamento fortemente radicata nel territorio, con un effetto positivo sulla spesa per consumi di circa 20 milioni di euro. Dati positivi arrivano anche dall’analisi dell’impatto ambientale. Rispetto all’utilizzo di fonti non rinnovabili, l’attività di questi impianti consente di abbattere drasticamente le emissioni di CO2, risparmiando fino a 100 milioni di euro.
Il rapporto del CNR, invece, ha affrontato le implicazioni ambientali nell’impiego di biomasse solide per la produzione di energia elettrica. Il rapporto evidenzia come l’evoluzione tecnologica, soprattutto su impianti industriali, ha consentito di ridurre sostanzialmente le emissioni di inquinanti a livelli cosi ridotti da risultare impercettibili, come peraltro confermato dalle campagne di monitoraggio sulle ricadute ambientali- in alcuni casi attive da decenni -che confermano l’assenza di ricadute di inquinanti nelle aree dove sorgono questi ultimi. Un importante elemento di distinzione confermato dallo studio del CNR risulta essere l’impatto ambientale degli impianti sopra citati, rispetto ai piccoli impianti domestici di riscaldamento, che in Italia ammontano a oltre 4 milioni. Stando allo studio, caldaie a pellet e classici caminetti restano altamente inquinanti e dannosi, non solo per l’ambiente ma anche per la salute in quanto producono polveri fini ed ultrafini che si disperdono nei luoghi abitati.