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Il Telecontrollo a una svolta

27 ottobre 2017
La digitalizzazione, oggi trionfo di IoT e Cloud e architrave dell’Industria 4.0, spinge anche la telegestione a mutar pelle. Le reti telecontrollate divengono “smart” e l’uomo, al cospetto delle intelligenze artificiali, deve interpretare ruoli un tempo pertinenza di fantasie visionarie.
Milano, un crepuscolo d’inverno. Sono in molti a guardare indifferenti la testa del convoglio della metropolitana lilla. Al principio era fonte di curiosità per tutti, oggi solo per qualche turista e per i più piccoli, che sognano di una magia. Eppure neppure gli adulti sanno esattamente come faccia un treno a viaggiare, arrestarsi, scandire apertura e chiusura delle porte, senza un conducente a bordo. E senza incidenti. Si pensa ad altro, al tepore che li accoglierà al rientro, in una casa fors’anche priva di caldaie, in cui la temperatura pare variare da sé, assecondando le condizioni esterne. 
Il sistema di guida automatico e il teleriscaldamento sono esempi concreti di telecontrollo, due tra i molti che ci circondano e scandiscono abitudini quotidiane. Quasi sempre nella nostra indifferenza; spesso a nostra insaputa.

Il concetto di telecontrollo
Il telecontrollo è una forme di automazione che permette lo scambio di informazioni tra due poli distanziati tra loro nello spazio (dal greco tēle, “lontano”). 
Lo scambio può essere di due fattispecie. Se è univoco, da una periferia a un centro, l’operazione è variamente definita come monitoraggio, supervisione, raccolta dati, telelettura, telemetria, meetering.  Viceversa, se lo scambio è biunivoco, prevede cioè anche la modifica dello stato di un sistema remoto, si parla di regolazione, controllo, gestione o, con più precisione, di telegestione.
Per comprendere appieno la differenza, semplifichiamo il modello di comunicazione di Jakobson: un messaggio partito da un emittente, attraverso un canale, giunge a un destinatario. Nei sistemi di telecontrollo di mero monitoraggio, i ‘mittenti’ sono gli apparati posti su un impianto periferico, semplice o complesso. Si tratta di sensori e trasduttori collegati fisicamente ai Remote Terminal Unit (RTU), dispositivi elettronici controllati da microprocessori. Le informazioni viaggiano poi attraverso il ‘canale’: un’infrastruttura di comunicazione, un tempo vettori radio e rete telefonica, oggi quasi esclusivamente fibra ottica. Infine, il ‘destinatario’ capace di elaborare i dati è un operatore umano, posto in un centro di controllo e supervisione, in cui un software raccoglie i dati provenienti dai RTU interfacciati con protocolli ai sistemi SCADA. Nei casi più complessi, esistono più centri di controllo, gerarchicamente interconnessi. 
Tuttavia, il semplice monitoraggio ha ceduto quasi completamente il passo a favore della regolazione. Moderno do ut des, l’architettura del flusso informativo in questo caso si sdoppia o, meglio, diviene biunivoca. Il centro di controllo, infatti, acquisite le informazioni dalla periferia, invia un feedback operativo alla stessa: sempre per il tramite dei RTU, gli apparati dislocati sulla periferia – in tal caso denominati attuatori – modificano in remoto il suo stato. Si tratta quindi di una particolare teleoperazione, vale a dire della possibilità di far funzionare una macchina a distanza.
Riassumendo, un sistema di telecontrollo è l’integrazione di tecnologie hardware e software, finalizzata al semplice monitoraggio oppure, comunemente, alla gestione a distanza d’impianti e processi. Se anche la telemetria, in tale dinamica, è destinata a divenire sempre più raffinata, è tuttavia la telegestione a essere soggetta ai maggiori cambiamenti: al controllo umano si va vieppiù affiancando l’automazione pilotata da intelligenze artificiali. Ci domanderemo in seguito se tale copresenza sia destinata invariabilmente a trasmutarsi in una preminenza della macchina sull’uomo.
I campi di applicazione 
Per dimensioni, le applicazioni del telecontrollo vanno da un micro a un macro: dalla piccola stazione di pompaggio, per esempio, con una o due pompe, fino a impianti di intere città. In quanto ad ambiti di utilizzo, possiamo invece operare una tripartizione: reti di pubblica utilità, città e industrie manifatturiere.
Public Utility smart: elettricità, gas e acqua
Nella vulgata, il telecontrollo è pertinenza degli Enti Gestori delle reti di pubblica utilità. Ciò perché, in effetti, le utility dei settori di acqua, gas ed energia elettrica sono le storiche applicazioni dei sistemi di telegestione, ora estesi a tutti i settori energetici e delle rinnovabili.
Negli impianti idrici l’automazione e il monitoraggio intervengono in ogni ganglio della rete, che si tratti di acque potabili, irrigue o da depurare. 
Per l’elettricità, il telecontrollo, per esempio, gestisce e ripartisce il carico dell’energia tramite smart grid. Si tratta dell'insieme di una rete di informazioni e di una rete di distribuzione elettrica che rende la distribuzione di energia elettrica “intelligente”, minimizzando sovraccarichi e oscillazioni indesiderate.
In riferimento al riscaldamento, invece, dobbiamo è agevole fare riferimento al teleriscaldamento, grazie al quale, attraverso tubazioni isolate e interrate, giungono alle abitazioni acqua calda o vapore, provenienti da una centrale di produzione (denominata di cogenerazione), con successivo ritorno dei suddetti alla stessa centrale. L’intero sistema del teleriscaldamento e della cogenerazione di energia meccanica (solitamente trasformata in energia elettrica) e di calore è gestito tramite telecontrollo.
Città smart
Abbiamo menzionato la metropolitana senza conducente, ma i sistemi di viabilità automatici sono destinati a proliferare, estendendosi alla rete ferroviaria – come è già nei paesi più tecnologizzati – e poi, chissà, come previsto da molti, anche a strade e autostrade. Rimanendo sul piano stradale, il telecontrollo governa anche semafori, flussi del traffico cittadino e illuminazione pubblica.
Altra applicazione, già ampiamente in atto, è la telemetria dei livelli degli inquinanti.
L’ambito, tuttavia, che più solletica la fantasia degli utenti, è la home e building automation, l’automazione e il contestuale telecontrollo degli edifici. Non si pensi solo ad applicazioni private, giacché il parco immobiliare della Pubblica Amministrazione, infrastrutture in primis, beneficerebbe enormemente di simili interventi, con un agognato riverbero sull’economia del Paese.
Industria smart
In epoca di Industria 4.0, l’utilizzo dei dati e le tecnologie di monitoraggio e controllo stanno vivendo una crescita esponenziale e sono imprescindibili per la concretizzazione del concetto di fabbrica del futuro.
I settori merceologici che sfruttano il telecontrollo o che potrebbero farlo non possono essere rubricati esaurientemente, numerosi quanto sono. Industria pesante, leggera e PMI sono tutti coinvolti. Quindi si va dalla gestione di oleodotti e idrocarburi alle acciaierie; dalla fabbrica di carta e cellulosa al chimico e al farmaceutico; dall’edilizia (si pensi all’IoT applicato a cementi e laterizi) fino al food & beverage.

Utliity e telecontrollo: un esempio virtuale
Immaginiamo una rete per la gestione di acqua, elettricità, gas o teleriscaldamento, senza contemplare per ora la nuova frontiera del Cloud. Il nostro esempio è fittizio, ma ben si attaglia a realtà quali le reti dei Gruppi Hera, in Emilia e Italia centrale, o Cap, in Lombardia.
Come accennato, presso il singolo impianto di origine, i RTU ricevono dai sensori automatici tutti i parametri del processo (produzione, distribuzione e utilizzo del prodotto). I dati raccolti sono trasmessi a distanza dai RTU, tramite sistemi di comunicazione (generalmente fibra con percorso ad anello, a “doppia via”), ai computer di una sala di controllo in loco. Software dedicati gestiscono in automatico le centrali, sotto l’osservazione dei conduttori di centrale che possono verificare costantemente i parametri d'impianto e, all'occorrenza, agire sui generatori.
La singola sala di controllo a sua volta è in comunicazione con una sala di telecontrollo centrale, gerarchicamente superiore, che raccoglie i dati da svariate sale di controllo. Talvolta, le sale di controllo centrali sono addirittura interfacciate con ulteriori sale di controllo, generalmente di società terze, in grado di intervenire da remoto sugli impianti in caso di necessità. In sostanza, si tratta di un sistema di telecontrollo atto a controllare il sistema di telecontrollo, accortezza vitale, considerata l'importanza sociale del servizio erogato.
Una sala di controllo centrale di un grande sistema è costituita da un ambiente di centinaia di metri quadri, in cui campeggia uno schermo gigante (anche oltre i 60 mq). Si tratta del Videowall, un sistema di videoproiezione modulare, in grado di acquisire segnali video da più sorgenti. Tra le altre apparecchiature, troveremmo migliaia di RTU, monitor, sistemi 3D per rappresentare gli impianti principali, doppie linee di comunicazione in fibra ottica. 
Le decine di operatori lavorano su turni, con un picco nelle ore diurne. Il servizio è coperto 24 ore al giorno, ogni giorno dell’anno. Frequenti sono gli affiancamenti dei tecnici, per favorire il continuo addestramento del personale che deve essere polivalente.
Nei momenti ordinari, gli operatori monitorano tutti i servizi e conducono gli impianti, tramite telemetria e telegestione. Non solo: la raccolta e la valutazione degli eventi è costante, nonché l’aggiornamento delle procedure. Viceversa, se i computer segnalano un qualsiasi evento significativo, i tecnici si adoperano per reperire le informazioni utili alla diagnostica, per aggiornare lo scenario e operare di conseguenza. Infine, in caso di criticità ed emergenza, si provvede al teleallarme, attivando e coordinando le squadre d’intervento territoriali. 
Da sottolineare proprio il ruolo di call-center del centro operativo, sia come supporto tecnico verso gli utenti, per segnalazioni di malfunzionamenti, sia come detto a coordinamento della squadra di pronto Intervento.
Per fronteggiare specificamente le crisi, il centro deve disporre anche di severe tecnologie di sicurezza, i cui i molteplici livelli di ridondanza possano garantire, come si vedrà in seguito, sia la Disaster Recovery, ossia il ripristino di sistemi, dati e infrastrutture, sia la Business Continuity, la continuità operativa di tutte le attività.
Si osservi che la centralizzazione di telecontrollo e call center tecnico in un’unica sala operativa può consentire l’eliminazione dei vecchi sistemi SCADA, ereditati per esempio dalle Aziende ex Municipalizzate o dei vecchi centralini telefonici. Così facendo, tutti gli operatori possono utilizzare un unico sistema SCADA di telecontrollo e gestiscono gli impianti utilizzando rigide procedure di gestione.

I vantaggi 
I vantaggi del telecontrollo sono molteplici e intuibili. 
La gestione degli impianti è razionalizzata perché un’enorme mole di dati (big data) ha una destinazione centralizzata e può essere sfruttata al massimo dell’efficienza, mediante analisi qualitative e quantitative in tempo reale e continuo.
Velocizzare i servizi e ridurre i costi di esercizio e di erogazione dà poi la stura a un rilevante aumento della produttività. 
Anche i costi di manutenzione sono abbattuti e la necessità d’interventi in loco è limitata al minimo. Come meglio si vedrà in seguito, tutto ciò aumenta il Life Cycle delle strutture, poiché dalla manutenzione reattiva e correttiva, si passa a quella predittiva e prognostica.
Sono inoltre ridotti i tempi per la gestione amministrativa e contabile degli impianti. 
Vitale si dimostra l’acquisizione e la memorizzazione di dati statistici, indispensabili per identificare ulteriori ottimizzazioni. I dati provenienti in tempo reale sono aggregati per intervalli di tempo definiti, per esempio ogni 15/30/60 minuti, per giorno, mese, anni. L’utilizzo di reportistica e analytics ottimizza l’utilizzo di tutte le risorse, elimina gli sprechi e aumenta la redditività.
Altrettanto nodale è la capacità assicurata dal telecontrollo ai sistemi di continuare a esercitare i propri servizi a fronte di gravi eventi avversi (Business Continuity e Disaster Recovery).
Se il beneficio in termini di contenimento dei costi e manutenzione è di totale vaglia, nondimeno occorre enfatizzare i vantaggi ecologici e sociali del telecontrollo. Un’azienda più efficiente, con una gestione energetica trasparente e ottimizzata, può essere più ecologica grazie all’efficentamento e al risparmio energetico. Basti pensare al controllo del carico elettrico permesso dalla telegestione alle utility di energia elettrica.
Non solo: una manutenzione più tempestiva, oltre ad assicurare continuità di servizio agli utenti finali, coincide con una maggiore sicurezza degli impianti sul territorio. Per riflettere sulla centralità della prevenzione delle criticità, si pensi alle reti di erogazione del servizio idrico integrato. Il passaggio attraverso le reti provoca modifiche nei volumi del fluido trasportato sia per la presenza di perdite occulte nelle reti di acquedotto, sia per la presenza d’infiltrazioni di acque improprie nelle reti fognarie. Il telecontrollo delle reti è proprio quel sistema che premette di identificare, con il maggior dettaglio economicamente sostenibile, la presenza di problemi sulla rete, con giovamento dell’intera comunità. 

Le vulnerabilità (è un rischio?)
Il primo problema correlato al telecontrollo, tipico della tecnologia digitale tutta, è l’obsolescenza: i sistemi elettromeccanici hanno un ciclo di vita che può superare i quarant’anni, mentre quelli digitali, pur non essendo il software soggetto a usura, si attestano sui quindici anni. L’hardware dei nuovi apparati, infatti, a differenza dei relè, ha un ciclo di vita dopo il quale viene dismesso, anche se manutenuto, per poi passare all’uscita completa dalla gestione; il software, invece, in caso di riparazioni, modifiche, aggiornamento o estensione dell’impianto, dopo un breve periodo non è più compatibile con le soluzioni di ultima generazione. 
Parimenti cruciale, è il tema della Cyber Security, ininfluente per l’elettromeccanica, cogente per il mondo digitale, soprattutto se applicata ad asset strategici, quali il settore energetico. Nel mondo dell’informatica, dei Big data e di un’automazione sempre più spinta, la resilienza, come accennato, si declina nel concetto di Disaster Recovery e di Business Continuity.
La criticità si pone lungo un doppio binario. Da un lato occorre far fronte a eventi potenzialmente catastrofici: disastri naturali, errori umani e interventi colposi. Dall’altro, prolificano attacchi informatici ai danni di imprese, reti e istituzioni. IOT e digital transformation, se possibile, aumentano la vulnerabilità informatica e introducono fattori di rischio nuovi e più complessi da arginare. La gestione di tale rischio richiede investimenti continui. Per contro, paradossalmente, una soluzione di completo isolamento dalla rete oggigiorno è ancor fattibile, ma comporterebbe delle rinunce e delle scelte il cui costo potrebbe essere superiore ad accettare e gestire il rischio. Ecco perché ogni singola utility deve attuare una politica di aggiornamento delle sue soluzioni continua e temporalmente adeguata ai rischi che si corrono.
Che il tema sia di stretta attualità, è dimostrato dal meeting organizzato dall'International Union of Railways (UIC), l'Associazione mondiale delle Ferrovie, a Roma, il 18 e il 19 settembre 2017; a tema proprio la digitalizzazione delle infrastrutture ferroviarie e le sfide della Cyber security. 
Venendo al paventato rischio del titolo, si ripropone un vieto quesito di registi e scrittori immaginifici: quale spazio residuale avrà l’uomo in un mondo sempre più automatizzato, nel nostro caso dominio del telecontrollo dell’IoT? Una, possibile, risposta è data dal cyber-social network, cui dedicheremo le nostre ultime considerazioni.

Digitalizzazione e telecontrollo: panta rhei 
L'Italia è quasi proverbialmente terra di forti contrasti, e anche nel campo del telecontrollo si conferma tale. È stata per esempio la prima nazione del mondo a dotarsi di smart grid su scala nazionale, nel 2006. Tuttavia, secondo tutti gli analisti, una delle cause dell’ancora persistente delta tra la crescita italiana e quello delle altre economie industrializzate è proprio la mancata trasformazione digitale su ampia scala. Un ritardo, una sorta di digital divide tra nazioni, figlio di un certo retaggio culturale ma soprattutto dell’assenza di un’idonea politica industriale. Ne consegue giocoforza una perdita di produttività e competitività, nel pubblico come nel privato. Per colmare il gap è necessario un cambio di paradigma operativo da parte dei settori industriali a tutt’oggi pervicacemente impermeabili al cambiamento. Pure il settore pubblico ha responsabilità: gli operatori pubblici non possono non dialogare con gli imprenditori che investono nello sviluppo e con tutti i nuovi stakeholder che propiziano la digitalizzazione. 
D’altronde, la sola digitalizzazione, se rimane fatto meramente tecnologico, comporta dei rischi. Essa, va da sé, all’epoca dell’Industria 4.0, è necessaria e può veicolare nuove frontiere di business. Eppure, per essere efficace e perché i benefici si consolidino, occorre un’attitudine preventiva, diremmo autocritica. Imbastire una qualsiasi piattaforma digitale senza mettere a sistema modelli di business e strategie di marketing e comunicazione è limitante e avventato, in termini di investimenti. Il digitale non è una panacea, attuata la quale, una volta per tutte, si possa dominare il mercato: il cambiamento digitale comporta il fatto di fare proprio un cambiamento continuo, insito nel paradigma del mondo informatico. Solo in tal modo, e non unicamente volando ridurre i costi, produttività e competitività possono crescere. 
Si rifletta: le competenze medie richieste per gestire tutti gli ambiti dell’Industria 4.0 sono elevatissime, eccessive per molte aziende specializzate in un singolo settore. Chi proviene dal mondo industriale ha purtroppo una limitata conoscenza del settore IT/Cloud. In un’arena dove temi come la digitalizzazione, lo sviluppo IoT e l’ottimizzazione assumono contorni di complessità molto maggiore di quella tipica del settore manifatturiero, le Public Utility sono proiettate in un contesto “high-tech”, che imporrà una trasformazione culturale e organizzativa, che investirà in modo poderoso anche la Supply Chain. Per sostanziare le cosiddette reti intelligenti, urge allora implementare interconnessioni e integrazioni tra reti e servizi, per reggere con le criticità dello scenario globale, in estenuante e sfidante rinnovamento. 
Un esempio concreto di cambiamento, che ha investito tutta l’industria negli ultimi anni, telecontrollo compreso. La convergenza tra IT e OT (Information technology e Operation Technology) è un architrave del processo di digitalizzazione e ha rivoluzionato la modalità con cui si pensa e attua la manutenzione. Il Service, inteso come il business post vendita, è completamente cambiato da quando IT e OT si sono incontrati. Nondimeno, ora, con l’applicazione dei concetti Industria 4.0 è possibile rimettere tutto in discussione, creando inedite prospettive di guadagno: il business verosimilmente tenderà a essere più basato sulla vendita dell’asset e dei servizi post-vendita; al contrario sarà l’azienda a vendere l’utilizzo dell’asset o quanto prodotto dall’asset.
Insistiamo su un’altra novità introdotta dalla convergenza IT e OT. Il concetto di Life Cycle era legato a dinamiche di obsolescenza temporale e tecnologica; le politiche di manutenzione, aggiornamento e sostituzione che ne derivavano erano basate su criteri “statici”. Nel nuovo scenario, è possibile adottare un criterio legato all’uso effettivo di macchine e impianti, alle condizioni di stress reale, cui gli stessi sono sottoposti, al programma di utilizzo. Ciò si traduce nella capacità di fornire indicazioni in tempo reale di Life Cycle, sulla base delle quali formulare un programma “dinamico” per la manutenzione, l’aggiornamento e la sostituzione, programma che tenga conto di fattori quali le variazioni del carico di lavoro e le condizioni operative. 
Oltre a condizionare il Life Cycle, la nuova prospettiva influenza anche l’operatività. Conoscere i fattori di rischio per il macchinario e l’impianto consente di ottimizzarne l’utilizzo, massimizzando la prestazione, come visto poco sopra. 
 
Alle frontiere del telecontrollo: intelligenze artificiali, Cloud e IoT
Ragionando in diacronia, l’inizio del processo di digitalizzazione risale alla fine degli anni ‘80, periodo in cui si consolidavano i primi progetti unificati di sistemi di automazione e controllo, realizzati con componenti digitali inseriti in ambito elettromeccanico. La diffusione massiva del digitale data tuttavia alla fine degli anni ‘90. Da allora, il controllo locale e remoto degli impianti e delle apparecchiature ha mutato pelle più volte, assumendo progressivamente una sempre maggiore importanza qualitativa e quantitativa nei campi di utilizzo. Non poteva essere altrimenti. 
Eppure sembra che ora ci si trovi di fronte a un cambio di passo. Non solo per portata della trasformazione: tutto o, meglio, tutti sono messi in discussione. Fino ad ora, persino nei centri di controllo e nelle reti più sofisticate, era pur sempre l’uomo, un utente di un sistema, a telegestire un processo, decidendo soluzioni o migliorie. Il tutto con la mediazione d’interfacce uomo-macchina. Altro è invece disporre, come oggi accade, di macchine basate su intelligenza artificiale; esse, alimentate da un enorme cumulo d’informazioni, non solo sono interrogate perché suggeriscano risposte utili, immediate, ma sono sempre più spesso delegate a decidere e agire in base ai loro algoritmi. 
In campo di gestione dei sistemi irrigui, per esempio, tecniche assai diffuse imperniate su algoritmi sono la Pattern recognition, per l’analisi delle immagini satellitari, e la Fault detection, per il controllo delle perdite. Ancora: esistono sistemi d’irrigazione basati su un motore inferenziale in logica fuzzy, capace di decidere, sulla base di alcuni parametri di campo, l’entità del successivo rilascio d’acqua. 
Abbiamo poi già parlato dei vantaggi della telecontrollo sulla manutenzione delle reti. Oggi tale manutenzione, da reattiva e correttiva, diviene predittiva e prognostica. Sono state sviluppate applicazioni, hardware e software, per il rilievo, la computazione e il monitoraggio dei dati relativi alle condizioni delle macchine. Le macchine degli impianti di trattamento delle acque (pompe, soffianti, nastri trasportatori di fanghi ecc.), sono composte da organi meccanici sottoposti ad attriti; tendono ad usurarsi nel tempo, fino a guastarsi. La soluzione implementata tramite algoritmi specifici consiste in un’architettura composta di prodotti che, interagendo tra di loro, automatizzano la risoluzione dei problemi nelle macchine, ancor prima che essi si presentino, dalla rilevazione dei dati alla gestione della manutenzione, passando per la diagnosi e la prognosi del deterioramento della macchina.
Parliamo ora dell’altra, forse inarrestabile, tendenza nel campo del telecontrollo: il Cloud. La tradizionale architettura di una rete di telegestione, basata sui tipici tre livelli (centro di controllo, rete di comunicazione e RTU), è sempre più in discussione. L’evoluzione IoT – infrastrutture e dispositivi che comunicano dati su se stessi e permettono di accedere a informazioni aggregate – porta alla definizione di un nuovo livello gerarchicamente superiore ai precedenti tre: un livello 0, che costituisce un HUB verso le nuove piattaforme basate su tecnologie Cloud. La soluzione ottimizza la sinergia tra l’architettura tradizionale e le tecnologie Cloud, mantenendo la specializzazione e l’autonomia del sistema SCADA per il controllo del campo e demandando al livello 0 l’interoperabilità con i mondi IT ed IoT. 
Il livello HUB Cloud non solo aggrega i dati del telecontrollo ed elabora informazioni, ma gestisce anche l’interoperabilità con applicazioni esterne (SIT e ERP), tramite web services dedicati. Al contempo, l’apertura dei sistemi di telecontrollo verso standard tecnologici veicola l’interoperabilità tra le piattaforme di aggregazione dati ed i dispositivi IoT oriented. 
Del resto, l’approdo del telecontrollo su piattaforme Cloud di aggregazione dati si coniuga perfettamente con la possibilità di implementare gli algoritmi e i modelli predittivi e analitici cui accennavamo. La soluzione integrata, sistema di telecontrollo e tecniche d’intelligenza artificiale, garantisce flessibilità, robustezza ed efficienza. Inoltre le tecnologie di Cloud Computing enfatizzano i benefici derivanti da questa sinergia, in particolare per quanto riguarda l’accesso a basi dati di tipo Open Data, l’interconnessione con altri servizi basati su web services. 
Vediamo, concretamente, che cosa per esempio l’Internet of Things può comportare nel settore edile. Il tema merita un approfondimento, in forza della stretta attualità e del portato quotidiano su tutti noi. 
In un edificio “intelligente”, la tecnologia IoT può avere molte dislocazioni: sistemi di trattamento dell'aria, frigoriferi, termostati, controlli d’illuminazione, contatori, interruttori e videocamere, sistemi di sicurezza antincendio.
L'infrastruttura di IoT si basa su una piattaforma gestita da un sistema operativo open source e dotata di software di sicurezza contro gli attacchi cibernetici. 
I dati generati dai sensori sono trasmessi a servizi e applicazioni sul Cloud, per poi essere analizzati da Sistemi di Business Intelligence (BI). 
I vantaggi di tale tecnologia sono copiosi. L’utilizzo dell’IoT riduce il tempo necessario per risolvere eventuali problemi, perché grazie ad esso si possono scaricare le ultime release degli applicativi. Inoltre, la raccolta e l’analisi delle informazioni generate dall'edificio conducono a scelte ideali in relazione a tutti i tipi di edifici, siano impianti industriali, ospedali, scuole, strutture sportive, musei, centri commerciali, uffici o alloggi privati.
Gli sviluppatori immobiliari hanno quindi la possibilità di aumentare la loro competitività offrendo ai clienti servizi di gestione e automazione dalle ricadute decisive. 
Un edificio sviluppato con l’IoT è infine più performante, poiché garantisce un risparmio energetico e un controllo ottimale della temperatura; non solo, è più sicuro e la sua manutenzione può essere, come sappiamo, tempestiva, in quanto predittiva.
Ma a che punto è lo stato dell’arte di una simile evoluzione? L’IoT è applicato già da anni nella gestione di alcuni edifici, soprattutto, storici o di uso commerciale. Tuttavia, i costi hanno fino ad oggi ostacolato il suo utilizzo in edifici di piccole o medie dimensioni.
Secondo gli analisti, tuttavia, sta per fare capolino una svolta, ed essa avverrà proprio grazie alla progressiva e immancabile riduzione dei costi tecnologici. I processori integrati nei sensori a breve dovrebbero arrivare a costare meno di un dollaro. L’abbattimento dei costi farà della connettività uno standard: si potrà interconnettere tutto, offrendo controllo remoto e monitoraggio. 
Le stime dicono che gli edifici intelligenti, su tutti quelli di edilizia privata, rivoluzioneranno le città. Il rapporto d’integrazione dei sensori sembra destinato a crescere a un tasso annuale di quasi l'80%. Nel 2020, i sensori operativi a scala mondiale sono stimati nell’ordine di 1.300 milioni, per oltre 8 milioni di sistemi di gestione integrata. 

La macchina collega dell’uomo, o viceversa
Riflettendo sul futuro prossimo degli addetti nelle aziende manifatturiere, i primi a essere interessati dalla quarta rivoluzione industriale, si paventa uno scenario alquanto complesso per coloro che sono oggi preposti al funzionamento delle macchine automatiche, alle linee di montaggio e alla logistica. Il loro ruolo è sovente immaginato ridotto ai minimi termini e progressivamente eliminato da macchine e robot sempre più autonomi e senzienti. Taluni prefigurano scenari di pura distopia. Eppure, una soluzione al riposizionamento delle risorse umane va cercata, paradossalmente, nella stessa tecnologia che ha dato il via alla rivoluzione, e nel mercato che la vuole sostenere. L’idea è di creare un sodalizio tra le nuove macchine intelligenti e i loro addetti, cosicché entrambi portino benefici alla loro impresa, permettendole di valorizzare tutti i propri investimenti strumentali e le risorse umane. La complessità di formalizzare interazioni tra dispositivi, che da automatici stanno diventando “autonomi”, ed esseri umani che da operatori mutano in “conduttori”, costituisce una grande opportunità di sviluppo tecnologico: la macchina è condotta a comportarsi come “un collega” e come tale a interagire. La scelta di far evolvere un social network aziendale in un “collaborative cyber-social network” si prefigura come la via più semplice e veloce per mediare queste nuove interazioni uomo-macchina e farle sviluppare in modo costruttivo e collaborativo. Un così detto “social network aziendale” è una piattaforma Cloud, per molti aspetti simile ai noti social network personali, ma riservata ai soli addetti dell’azienda, o a invitati selezionati (fornitori, clienti, consulenti). Il Cloud, in tal senso, snellisce la comunicazione rispetto alle e-mail; la pianificazione diviene più efficace di un calendario condiviso. La tecnologia può permette di integrare tra i colleghi di lavoro anche le nuove macchine smart, in grado e in condizione di interagire in modo molto più naturale e integrato. Nel neonato cyber-social network, organismi cibernetici ed esseri umani collaborano in una rete strutturata, per rendere la propria organizzazione più efficiente e sostenibile, con una curva di apprendimento velocissima anche per chi non ha dimestichezza con l’informatica. 
I primi esempi di siffatta tecnologia sono già disponibili: i conduttori umani di alcune macchine e impianti possono interloquire con le macchine smart, ormai dotate di una piena identità digitale: chiedono informazioni sullo stato della produzione pregressa e in corso d’opera e sono avvisati con dei post sul manifestarsi di obiettivi predefiniti, anomalie o eventi di rilievo. Oppure possono farsi spiegare dai colleghi macchina come devono essere eseguite le operazioni di manutenzione, senza la necessità di avere accesso ad alcun manuale. La macchina stessa, infatti, grazie a un sistema Cloud di analisi del testo, avrà già appreso a tal fine il proprio manuale di uso e manutenzione.
L’intelligenza artificiale, in conclusione, usufruirà di applicativi che la metteranno in condizione di comprendere i linguaggi naturali, scritti come parlati; chiunque potrà allora interagire con le nuove macchine e con i sistemi informativi, senza dover imparare nuove e complesse interfacce, sintassi e procedure per far fruttare le abilità e le competenze maturate in una vita professionale. 
Proprio come preconizzato su schermi non smart, le imminenti tecnologie e soluzioni digitali intelligenti sono e saranno l’incontrastato volano della rivoluzione del modo in cui lavoreremo e, ancor prima, del mondo in cui vivremo.